ELEZIONE

Il 24 dicembre 1971 Giovanni Leone è eletto Presidente della Repubblica. Il più giovane Presidente – fino a quel momento – è anche quello che impiega il maggior numero di scrutini per essere eletto, ben 23, contro i 21 del predecessore, e con appena 18 voti più del quorum. La tormentata vicenda della sua elezione conferma la grande difficoltà della vita politica italiana di quel periodo. Eletto senza il concorso dei partiti della sinistra, ma con l’apporto determinante dei partiti di centro e del Movimento sociale italiano, e l’imprevisto appoggio di Ugo La Malfa, Leone svolge il suo mandato in una fase di alta conflittualità sociale e di diffusa violenza politica che mina la stessa immagine del Presidente e delle istituzioni democratiche.

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LEONE

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STAMPA

GIURAMENTO E CERIMONIA DI INSEDIAMENTO

Il 29 dicembre 1971, alle ore 10.00, il Parlamento si riunisce in seduta comune a Palazzo Montecitorio, per la cerimonia del giuramento del Presidente eletto Leone. Dopo aver pronunciato la formula di giuramento, il Presidente legge il messaggio. Al termine della lettura, dopo aver ricevuto gli onori militari sulla Piazza di Montecitorio, sale sulla autovettura presidenziale scoperta, la Flaminia, affiancato dal presidente del Consiglio. Il corteo, scortato dai Corazzieri a cavallo in uniforme di Gran Gala, giunge a Piazza Venezia dove il Capo dello Stato riceve il saluto del Sindaco di Roma Clelio Darida. Poi, percorrendo via IV novembre, entra a Palazzo del Quirinale dove nel Cortile d’Onore viene eseguito l’Inno nazionale. Nella Sala delle Api incontra il Presidente Saragat e insieme si recano nello Studio del Capo dello Stato, dove il Presidente uscente consegna a Leone le insegne di Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell’Ordine predetto. Nel Salone delle Feste, di fronte alla Alte cariche dello Stato si svolge poi la cerimonia di insediamento, con un breve indirizzo di saluto pronunciato dal Presidente Saragat e la breve risposta del Presidente Leone.

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MESSAGGIO
AL PARLAMENTO
NEL GIORNO
DEL GIURAMENTO

Il Presidente Leone, fin dal messaggio pronunciato in occasione del giuramento, dichiara di voler essere il «notaio» della Repubblica, il Presidente “che attinge dalla Costituzione il complesso dei suoi poteri e l’indicazione dei relativi limiti. Non spetta a lui “formulare programmi o indicare soluzioni”. La Carta costituzionale, nella quale “noi italiani dobbiamo tutti riconoscerci” è al centro del suo discorso, con un preciso richiamo alla Resistenza da cui ha tratto “ispirazione e contenuto”. Condizione determinante per lo sviluppo del nostro Paese, in un periodo contrassegnato da gravi disordini e da un terrorismo crescente, è una stabile “pace sociale” che “non significa rinunzia alle legittime aspirazioni…significa rinunzia al metodo della violenza e della intolleranza”. Parallelamente in campo internazionale ribadisce la convinta partecipazione dell’Italia all’Alleanza atlantica “valido strumento di distensione”. Sottolinea il ruolo delle istituzioni “sulle quali si incardina la Repubblica”, Parlamento, Corte Costituzionale, Regioni, Magistratura. Rivolge inoltre un pensiero al mondo del lavoro, appellandosi “al senso di responsabilità della classe lavoratrice” e all’ “analogo impegno del mondo imprenditoriale”, in una fase di congiuntura economica ancora preoccupante.

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