LA NASCITA
DEL CENTRO SINISTRA
Durante il biennio della Presidenza Segni si verifica una novità fondamentale nella politica italiana: il 5 dicembre 1963 con Presidente del Consiglio Aldo Moro nasce il primo governo di centro-sinistra che vede la partecipazione di esponenti del Partito socialista al governo del Paese. Dato il suo prestigio internazionale, la lunga militanza nel partito cattolico e i ruoli ricoperti come capo del Governo e ministro, Antonio Segni è figura autorevole, capace di rassicurare le forze politiche contrarie all’alleanza con il Partito socialista: un Capo di Stato moderato che fa da contrappeso alle aperture verso il centro-sinistra.
IL PIANO SOLO
Nel periodo di formazione del governo di centro-sinistra l’operare del Capo dello Stato rimane entro i confini istituzionali. Controverso è invece il periodo successivo, i dieci giorni del luglio 1964 durante la crisi del I Governo Moro. La tensione nel Paese, spaventato per l’avvento del centrosinistra, è al culmine, i socialisti sono usciti dal governo e Segni fatica a convincere Nenni a tornarci. Tre anni dopo, nel ’67, un’inchiesta giornalistica di Lino Iannuzzi e Eugenio Scalfari su “l’Espresso” rivela l’esistenza del “Piano Solo”, il progetto di un piano d’emergenza per fronteggiare eventuali disordini pubblici, che prevedeva arresti anche di personalità politiche della sinistra e l’occupazione militare dei centri di radiodiffusione. L’unica cosa certa è il comunicato del 15 luglio 1964 con il quale il Quirinale informa che il Capo dello Stato, durante le consultazioni per la formazione del nuovo governo, ha ricevuto il comandante dei Carabinieri De Lorenzo, fatto unico e anomalo nella storia repubblicana. Nenni, come dicono i suoi diari, parla di un “tintinnar di sciabole”, di un tentativo di golpe che avrebbe dovuto vincere le resistenze socialiste. La conseguenza è che Moro e Nenni, posti di fronte a una scelta drammatica, optano per porre fine alla spinta riformatrice del centro-sinistra, con una politica più moderata. Se davvero si sia trattato di un tentativo di colpo di Stato, e quanto serio, non sono riuscite ad accertarlo le inchieste giudiziarie, una amministrativa e una parlamentare. È plausibile che i contatti tra il Capo dello Stato e le gerarchie militari mirassero a predisporre le misure atte a fronteggiare eventuali tumulti di piazza.
I RAPPORTI
CON IL PARLAMENTO
Il 18 febbraio 1963 il Presidente Segni scioglie le Camere, essendo terminata la legislatura, e indice le elezioni politiche. Il governo rimane in carica fino alla costituzione del successivo esecutivo. Il Presidente Segni fa uso del potere di rinvio delle leggi alle Camere con messaggio motivato, previsto dall’art. 74 della Costituzione, per ben otto volte in due anni, per progetti di legge sprovvisti di copertura finanziaria. L’oggetto dei provvedimenti rinviati spazia dalla riforma dell’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato a contributi per la casa del Boccaccio e la biblioteca leonardesca di Vinci; da norme sulla laguna di Venezia all’accordo internazionale sull’olio di oliva ecc. Con Segni prosegue anche la prassi – inaugurata dal predecessore Gronchi ¬- di promulgare leggi formulando osservazioni e rilievi destinati prevalentemente al Governo, talora anche alle Camere; anzi, il Presidente ne fa un uso abbondante, visto che in due anni si registrano ben dieci promulgazioni di leggi con osservazioni. Per quanto riguarda infine la possibilità di inviare messaggi alle Camere, prevista dall’art. 87 della Costituzione, è il primo a inaugurare questa consuetudine: il 16 settembre del 1963, si rivolge al Parlamento non su rinvio di una legge, ma con un messaggio “sulle modalità di elezione, di nomina e di durata in carica dei Giudici della Corte costituzionale, nonché sulla non rieleggibilità del Presidente della Repubblica”, perché – come scrive all’inizio del testo – “dopo 15 anni di applicazione della Costituzione si impone la considerazione se l’esperienza non abbia rilevato in essa qualche manchevolezza”. In particolare, oltre a suggerire un correttivo nella durata del mandato dei giudici costituzionali, Segni propone l’abolizione del cosiddetto “semestre bianco”, con la conseguente non immediata rieleggibilità del Capo dello Stato, essendo a suo parere “il periodo di sette anni sufficiente a garantire una continuità nell’azione dello Stato”, e inoltre per non lasciare il sospetto che il Presidente della Repubblica compia qualche atto al fine di favorire la sua rielezione. Sul messaggio, però, non si svolge alcun dibattito in sede parlamentare.
IL CONSIGLIO SUPERIORE
DELLA MAGISTRATURA
E IL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA
Nella veste di Presidente del Consiglio superiore della magistratura Segni partecipa attivamente a molte sedute e, grazie alle sue competenze giuridiche, interviene nel merito di alcune delicate questioni. Si ricorda in particolare una dichiarazione di sostegno e approvazione al Tribunale di Roma che aveva condannato dei lavoratori in sciopero, e che è interpretata come una presa di posizione antiriformista. Con Segni si rinnova per la prima volta la composizione del CSM, i cui membri durano in carica quattro anni. Il 29 ottobre 1963 si svolge al Quirinale la cerimonia di commiato per i membri uscenti, la presentazione al Presidente dei nuovi componenti e la prima riunione del nuovo Consiglio.Segni riunisce al Palazzo del Quirinale per quattro volte il Consiglio Supremo di Difesa, organo costituzionale presieduto dal Capo dello Stato.
IL CONTESTO EUROPEO
Protagonista come presidente del Consiglio della firma dei Trattati di Roma del 25 marzo 1957, il Presidente Segni caratterizza il suo mandato per una convinta adesione alla politica di integrazione europea, mantenendo al contempo un ferma fedeltà al Patto Atlantico. Per il suo infaticabile impegno europeista è insignito l’8 maggio 1964 del Premio “Carlo Magno”, un premio annuale conferito dalla città tedesca di Aquisgrana a personalità con meriti particolari in favore dell’integrazione e dell’unione in Europa. Insieme all’attestato viene consegnata, oltre a un premio in denaro, una medaglia raffigurante l’immagine di Carlo Magno sul trono, tratta dal più antico sigillo della città. Il premio è intitolato a Carlo Magno considerato il primo fautore dell’Europa unita in quanto, scegliendo Aquisgrana come residenza preferita, intese porre una sorta di ponte tra il passato e il futuro dell’Europa. È la seconda volta che questo riconoscimento è attribuito a un italiano dopo il conferimento nel 1952 a Alcide De Gasperi. Il Premio sarà nuovamente assegnato al Presidente Ciampi nel 2005.
LA MALATTIA,
LA SUPPLENZA
E LE DIMISSIONI
Antonio Segni è colpito da malattia il 7 agosto 1964; accertata la condizione di impedimento temporaneo, dal 10 agosto è istituita la supplenza del Presidente del Senato Cesare Merzagora (fino al 28 dicembre 1964). Pur trattandosi di grave malattia, non si arriva mai alla dichiarazione di “impedimento permanente”, che avrebbe comportato una nuova elezione, e la situazione è poi risolta dalle dimissioni volontarie del 6 dicembre 1964. Il periodo della supplenza è ricco di dibattiti fra i maggiori costituzionalisti, e ciò a causa dei complessi problemi istituzionali legati alla supplenza, in merito ai quali non mancano proposte di legge rimaste peraltro prive di seguito. Manca infatti una legge integratrice dell’art. 86 della Costituzione che indichi gli organi cui affidare l’accertamento della condizione di impedimento, modi e tempi della relativa procedura, eventuali limiti temporali e oggettivi della supplenza. La procedura seguita (dichiarazione resa dal Presidente del Consiglio dei ministri, previa intesa coi Presidenti delle Camere, sulla base del referto clinico ufficialmente comunicato dal Segretario generale della Presidenza della Repubblica), è in effetti del tutto inedita perché articolata in via di prassi. Ma i problemi maggiori sarebbero sorti qualora dall’impedimento temporaneo si fosse dovuto passare all’impedimento permanente, poiché nessuna indicazione si trova nella Costituzione persino circa l’organo titolare della delicata funzione, non direttamente identificabile con il Governo, né con il Parlamento, né con la Corte Costituzionale.