L' ELEZIONE
L’elezione di Segni al Quirinale deriva dal disegno del segretario del suo partito, Aldo Moro di bilanciare il quadro politico con un Capo dello Stato moderato e conservatore, che sia di contrappeso alle aperture governative verso il centro-sinistra, favorite dall’“aria nuova” che spira con la presenza del progressista Kennedy alla casa Bianca e di Papa Giovanni XXIII in Vaticano. La sua candidatura matura a seguito della ricerca di un compromesso che saldi le spaccature interne alla Democrazia Cristiana. La scelta è però tutt’altro che facile perché socialdemocratici, repubblicani e socialisti contrappongono il nome di Giuseppe Saragat che deve rappresentare il simbolo della svolta di centro-sinistra. Lo scontro dura fino al nono scrutinio, quando Antonio Segni è eletto il 6 maggio 1962, con 443 voti su 854. Per la prima volta la neonata televisione trasmette l’elezione del Presidente, e gli Italiani possono ascoltare lo spoglio dalla viva voce del Presidente della Camera Leone, che con inconfondibile cadenza napoletana alterna ‘Seggggni’ a ‘Saragatte’.
IL GIURAMENTO E LA CERIMONIA DI INSEDIAMENTO
L’ 11 maggio il Presidente eletto Segni giura davanti alle Camere riunite a Montecitorio e pronuncia il messaggio di insediamento. Al termine della lettura il neo Presidente, dopo aver ricevuto gli onori militari sulla Piazza di Montecitorio, sale sulla autovettura presidenziale scoperta, la Flaminia, insieme al presidente del Consiglio. Il corteo, scortato dai Corazzieri a cavallo in uniforme di Gran Gala, giunge a Piazza Venezia dove il Capo dello Stato riceve il saluto del Commissario straordinario del Comune di Roma. Poi, percorrendo via IV novembre, entra a Palazzo del Quirinale dove nel Cortile d’Onore viene eseguito l’Inno nazionale. Nel Salone delle Feste, di fronte alla Alte cariche dello Stato si svolge la cerimonia di insediamento: il Presidente uscente Giovanni Gronchi pronuncia un breve indirizzo di saluto al quale risponde il Presidente Segni. Durante la cerimonia di insediamento il Presidente si affaccia al balcone del Quirinale per salutare la folla che lo acclama sulla piazza, come già accaduto con i predecessori Einaudi e Gronchi. Questo gesto non sarà ripetuto dai Presidenti successivi. Il 16 maggio ha poi luogo al Palazzo del Quirinale, come da prassi, la presentazione del Corpo Diplomatico al Capo dello Stato.
MESSAGGIO
AL PARLAMENTO
NEL GIORNO
DEL GIURAMENTO
Si inaugura con Segni la consuetudine della trasmissione televisiva in diretta del messaggio al Parlamento pronunciato a Montecitorio dai Presidenti. Si tratta di un vero discorso programmatico, con il quale i Presidenti della Repubblica preannunciano il modo in cui intendono svolgere il proprio ruolo. In apertura del proprio messaggio Segni esalta la sacralità della Costituzione – nata dal sacrificio di coloro che combatterono “nel primo e nel secondo Risorgimento” – e il ruolo del Parlamento “presidio insostituibile di libertà e di giustizia”. Dopo aver ricordato con reverenza De Nicola, Einaudi e Gronchi, da convinto europeista esprime con forza l’aspirazione all’unità dell’Europa (sogno di Mazzini, De Gasperi e Sforza) e, insieme, la convinta adesione alla Comunità atlantica. Nell’ultima parte del messaggio Segni precisa la sua interpretazione del ruolo presidenziale – marcando in tal modo, oggettivamente, le distanze dal suo immediato predecessore – per cui la determinazione degli indirizzi politici nella vita dello Stato è prerogativa del Governo e in particolare del Parlamento. Spetta invece al Presidente della Repubblica il dovere di tutelare l’osservanza della Costituzione e di vegliare sulla continuità della Repubblica, che è uno Stato di diritto, e sull’«unità civile e morale della nazione italiana una e indivisibile».